La pressione mediatica sull'emergenza Xylella è al culmine quindi non poteva mancare un nostro articolo per inquadrare la questione e fare un pò di chiarezza.
IL BATTERE KILLER
Xylella fastidiosa è un battere gram negativo
che trova spazio nello xilema, il tessuto vegetale che si distingue per il
trasporto unidirezionale, dalle radici alla chioma, di linfa grezza.
La colonia formata nello xilema crea una
pellicola gelatinosa che ostruisce il passaggio dell'acqua nei vasi, definendo
le condizioni per un disseccamento, più o meno rapido, della parte verde.
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| Xilema colonizzato visto al microscopio |
La prima identificazione avvenne alla fine degli
anni '80 quando Newton B. Pierce la riconobbe come agente
responsabile della distruzione di un numero consistente di vigneti in
California mentre altre infezioni si registrarono negli anni a seguire sul
pesco.
Si usa includere questo organismo tra i batteri difficili da coltivare in vitro perchè fatica a sopravvivere fuori dal proprio ambiente, le cui condizioni sono ardue da riprodurre; il sistema più utilizzato di identificazione resta dunque il sequenziamento del genoma.
CICADELLIDI E DIFFUSIONE
La diffusione di un organismo che ha un'ambiente tanto specifico dove proliferare, avviene normalmente tramite insetti vettori che, inconsapevolmente, trasportano le cellule batteriche da piante ospiti a piante sane.
Nel vettore i batteri non riescono a
moltiplicarsi (come accade per alcuni virus), ma rimangono latenti in attesa di
essere trasportati in un ambiente ideale.
Per Xylella sono vettori alcuni cicadellidi che per
nutrirsi pungono la pianta creando un contatto tra il proprio apparato boccale
ed i tessuti xilematici (solitamente giovani).
UN PATOGENO TRASVERSALE
Contrariamente agli agenti patogeni fungini, i
batteri sono poco selettivi.
Normalmente entrano nella pianta passivamente,
ed emettono delle molecole di patogenicità non specifiche: se la pianta ospite
è sensibile l'infezione incrementa facilmente mentre se questa non lo è, molto probabilmente, i
batteri continuano a sopravvivere in piccoli nuclei isolati pronti ad
attivarsi una volta posti nell'ospite adatto.
Xylella fastidiosa è identificato come
agente potenzialmente pericoloso per molte specie vegetali al di fuori
dell'olivo: infatti, se lo xilema è un tessuto comune alle piante ma solo
la reazione delle stesse ne manifesta la sensibilità, non possiamo escluderne
la presenza latente in altre colture e nella vegetazione spontanea e boschiva;
altresì è sicuramente variabile la sensibilità stessa degli organismi ospite
sia entro specie (olivo vs. olivo) che inter specie (es. olivo vs. vite).
Va
tenuto poi conto delle innumerevoli possibili mutazioni che concorrono alla
divisione in ceppi di patogeno, a loro volta capaci di infettare facilmente una
o più specie vegetali.
APPROCCIARE LE MALATTIE BATTERICHE
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| vegetazione di Olea europea colpita da Co.Di.R.O. |
Una batteriosi è una malattia subdola per una pianta, verso la quale non esistono particolari antidoti.
Normalmente
l’approccio è di tipo indiretto e riguarda il contenimento dei potenziali
vettori (es. Scafoideo e Hyalestes per le fitoplasmosi della vite) e
l’evitamento della diffusione di materiale vegetale infetto.
La suscettibilità di una pianta ad un battere potrebbe comunque essere ridotta grazie a stimolatori di risposta immunitaria
aspecifica, che hanno un’azione di innalzamento del livello di allerta,
incrementando le possibilità di successo della pianta sulle avversità.
Ricordo che in molti casi le piante adulte sono
in capaci di superare o arginare infezioni batteriche di media intensità.
OLIVICOLTURA E OLIVICULTORI
La reattività di una pianta ad una malattia è sempre
vincolata alla sua condizione, in particolare alle riserve accumulate
nell'apparato radicale grazie alla fotosintesi, che la pianta tenta di
massimizzare espandendo il proprio apparato fogliare.
L'olivo, in particolare, è un sempreverde a crescita continua particolarmente "affamato" di luce, tanto che botanicamente massimizza la superficie di intercettazione con una chioma folta a foglie piccole e frasche fitte, che assumere una forma vagamente sferica ma con molti getti assurgenti.
La potatura di produzione delle piante da frutto
va sempre forzare il portamento naturale delle piante per le seguenti ragioni:
Una potatura cosciente, orientata alla
produzione, fatta di piegature e contenimento della struttura, non rappresenta
una forzatura eccessiva per molte specie; il caso limite è la vite che, essendo
lianosa e versatile, addirittura ne beneficia.
Per l’olivo la situazione si fa più delicata in
quanto diviene fondamentale rispettarne i bisogni fisiologici senza
compromettere la semplificazione a livello gestionale che costituisce l’aspetto
primario per la redditività; a questo scopo i moderni impianti sono a sesto più
stretto e le piante vengono impalcate ad altezza ridotta. Più libere di
assumere il proprio portamento naturale, in queste condizioni le piante
riescono ad intercettare la luce tanto utile per sintetizzare le riserve
necessarie.
Non solo: impianti più moderni e razionali
consentono di migliorare la gestione, massimizzare l’efficacia degli interventi
e risparmiare notevolmente sulla chimica, in un’ottica di versatilità che deve essere
funzionale a problematiche odierne (cambiamento climatico, nuove avversità)
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| Esempio di impianto olivicolo a densità medio-elevata |
Per gli oliveti secolari e impianti tradizionali
la soluzione più praticabile per introdurre la meccanizzazione è stata quella
di conservare i palchi inclinati, eliminare le branche assurgenti, ed operare
annualmente un contenimento che stimoli la vegetazione a portamento “pendulo”. Piante poste in queste condizioni si trovano in un’importante deficit
energetico di medio periodo perché prive di tutta la superficie di intercettazione
necessaria e quindi più esposte agli attacchi dei patogeni.
Se il reddito dell’agricoltore e la sua capacità
di introdurre buone pratiche sono aspetti strettamente legati, nel caso del
Salento si intreccia al problema la presenza un’olivicoltura di tipo
monumentale ad elevato valore paesaggistico ed identitario.
Tutti questi
aspetti andrebbero considerati nella reciproca importanza in questa fase senza
per questo rinunciare al pragmatismo necessario per trovare una soluzione in
tempi ragionevoli.
L’insufficienza di soluzioni tecniche contro Xylella è dovuta principalmente al fatto che questo è troppo recente perché vi
siano acquisizioni scientifiche pronte e che si tratta di una batteriosi per le
quali, in genere, è difficile modellizzare l’andamento.
Se la soluzione individuata finora è l’extrema
ratio degli abbattimenti, per creare una linea di contenimento geografico è bene sapere che forse è il male minore per arginare un danno che
può avere ripercussioni gravissime e trasversali. Infatti, oltre alla minaccia per la produzione olivicola nazionale, il settore vivaistico pugliese rischia di subire un irregolare ma fattuale embargo, con perdite del valore di 40 milioni di € ed il coinvolgimento più di un centinaio di specie vegetali.
Se vogliamo difendere gli agricoltori, tutti, come
presidi, attivi a difesa dell’ambiente, dobbiamo anzitutto difendere la loro
capacità di generare reddito con la produzione.
Questo, chiariamo, non si ottiene gridando allo scandalo e nemmeno diffondendo teorie come quella del complotto internazionale secondo cui le multinazionali starebbero
iniziando ad appestare l’olivicoltura per vendere medicinali (se esistessero
non si userebbe l’estirpo come misura) o peggio, per diffondere l’olivo OGM che ricordiamo, per chi ancora non lo sapesse, non esiste.
Nella speranza che in parlamento decida velocemente sul "via libera" alla deroga per far accedere le aziende colpite ai fondi di solidarietà per le calamità naturali, bene il via alle arature sugli areali olivicoli; queste dovrebbero contenere la popolazione delle "sputacchine", le cicadellidi identificate come più probabili vettori del battere che al momento sono in fase giovanile (neanide) e quindi ancora poco mobili e facili da intercettare.







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